GIUSEPPE DI MELCHIORRE

Responsabile della Comunicazione

Per l’Associazione AMICI PER CASTELBASSO

 

Ma quanto è nuovo Castelnuovo? Nuovissimo, si può dire, se guardiamo la sua data di nascita, il 30 giugno del 1951. Cinquant'anni, infatti, per la vita di una cittadina sono l'età di un bambino che comincia a sgambettare, sperimenta le sue forze per fare sempre un passo in più. Ma una cittadina, come un bambino, non compare dal nulla come per magia o per un atto burocratico: essa è il risultato di un processo cominciato prima, molto tempo prima.

Per Castelnuovo, del resto, in quella data c'è stata una semplice variazione toponomastica: fino al 29 giugno si chiamava Villa Gobbi o semplicemente "Li Piane", prima c'era Villa S. Cipriano, prima ancora ..., e ad ogni nome è corrisposta una realtà diversa.

Castelnuovo, pertanto, è l'ultima mutazione di un processo all'inizio del quale, per quel che può essere documentato, c'è stato un "Castelvecchio".

Correva l'anno 1046 quando Adelberto, figlio del fu Grimaldo, con un atto di concessione redatto "come ordina lo scritto dell'Editto nella Legge dei Longobardi",
donò la sua metà di Castelvecchio (l'altra metà sarebbe stata donata dal fratello Raimondo nel 1047) al Monastero di S. Clemente a Casauria. Le pertinenze di Castelvecchio, che poi era l'attuale Castelbasso, comprendevano Capo d'Acqui, Melano
(il Mulano di oggi), Egiano, Colle Varracconi e Colle del Merlo e confinavano "da capo fino a terra Gorelli e fino alla strada Calendini; da piedi fino al fiume Vomano con le sue acque (...)".

Era il Medio Evo e Adelberto donò ai monaci anche "i Mulini con i loro siti e i luoghi per macinare, con le acque e l'uso delle acque (...)", cioè concesse loro i diritti feudali di sovranità e di proprietà fondiaria, che si sarebbero tramandati fino ai primi anni del 1800. I mulini e l'uso delle acque sono il primo indizio di una realtà agricola del sito dove oggi sorge Castelnuovo, che rimase tale per secoli.

Quando, infatti, il rè di Spagna Filippo IV il 7 febbraio 1653 concesse l'assenso a Andrea Valignani di Chieti affinchè questi potesse vendere "Castello Vecchio di Basso" a Don Amico Ricci di Macerata, che in seguito ne sarebbe diventato Marchese, nella pergamena reale vengono dettagliatamente elencati "Acque, decorsi di Acque, Rivi di fiume. Palude, Pantani, fonti, molini, laghi, Pesche et raggioni di pescare (...)". Da
questi accenni il paesaggio che si può immaginare è senz'auro quello agricolo, con un accenno alla pesca, però, che si sarebbe ritrovato anche in documenti successivi.

 

(segue nelle pagine successive)

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